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Morbo celiaco, malattia celiaca, celiachia: modi diversi per riferirsi alla stessa condizione patologica, diffusa in tutto il Mondo. È una malattia ad oggi ampiamente sottodiagnosticata, ma la sua prevalenza (cioè il numero di soggetti affetti sul totale della popolazione in un determinato momento) è in crescita: negli ultimi vent’anni infatti, c’è stata una maggiore presa di consapevolezza di questa patologia, che ha portato ad un miglioramento degli strumenti diagnostici necessari per la sua diagnosi e ad una maggiore attenzione da parte dei medici, che consigliano lo screening alle persone considerare a rischio.
Un po’ di numeri
Globalmente la prevalenza della celiachia è dell’1%, con ampie variazioni locali; è variabile anche il rapporto tra i casi diagnosticati e non diagnosticati tra i Paesi (1/2 in Finlandia, 1/10 in Stati Uniti, Argentina e Germania). Per quanto riguarda il nostro Paese, al 25 gennaio 2018, i dati riportavano una prevalenza in linea con quella mondiale ed è stato calcolato che il numero teorico di celiaci si aggira intorno ai 600.000, contro i quasi 200.000 ad oggi diagnosticati, di cui 138.902 femmine e 59.525 maschi. Ad oggi le Regioni abitate da più celiaci sono Lombardia (37.907), Lazio (19.325) e Campania (18.720).
La fascia di età con una maggiore prevalenza è quella tra i 19 e i 40 anni (34,79% dei casi), a seguire quella dai 41 ai 65 anni (31.53%).
Ma che cos’è la celiachia?A cosa è dovuta? Quali sono gli alimenti da evitare e quali le alternative concesse? Cosa succede al corpo se si fanno delle eccezioni? Andiamo a rispondere a queste ed altre domande!
La celiachia
La celiachia è un disordine autoimmune, caratterizzato da un’ infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Data la presenza di una componente genetica, figli e fratelli di persone affette hanno una probabilità maggiore di sviluppare la patologia (circa il 10%, rispetto all’1% della popolazione generale).
Sorge spontanea la domanda successiva: che cos’è il glutine?
Il glutine è un complesso proteico (prolamina + glutenina) presente in alcuni cereali tra cui frumento (grano), segale, orzo, avena, farro (tra cui l’Enkir), spelta, frik, kamut e triticale. Il glutine è naturalmente presente in questi cereali, nella parte chiamata “endosperma”.
La prolamina del frumento si chiama gliadina ed è la responsabile dell’effetto tossico per il celiaco. Anche negli altri cereali vietati si trovano proteine con il medesimo effetto (quella della segale è la secalina, dell’orzo l’ordeina e dell’avena l’avenina)..
A cosa serve il glutine?
Il glutine, il cui nome deriva dal latino glutinum, “colla”, conferisce agli impasti viscosità, elasticità e coesione, rendendone più facile e veloce la lavorazione; nel prodotto finito questo si traduce in una maggiore sofficità.
Siete pronti per la prossima domanda?
Cosa succede quando si ingerisce il glutine?
Quando ingeriamo un prodotto contenente glutine, a livello del nostro intestino, si attiva un enzima chiamato transglutaminasi che lo digerisce, scindendolo in peptidi di minori dimensioni, che verranno in parte assorbiti a livello della mucosa intestinale, senza reazioni avverse.
E in un soggetto celiaco?
L’ingestione delle proteine del glutine causa una reazione avversa nel celiaco: l’azione della transglutaminasi sulla gliadina rende quest’ultima più facilmente riconoscibile dal nostro sistema immunitario, che si attiva contro di lei e scatena una serie di risposte. Oltre ad innescare un’azione diretta contro le cellule della mucosa intestinale, si sviluppano degli auto – anticorpi (cioè anticorpi diretti contro componenti proprie dell’individuo) che riconoscono come estranei sia la transglutaminasi, sia la gliadina e sono in parte responsabili delle manifestazioni extra – intestinali che caratterizzano la malattia.
Quali i sintomi?
Il quadro clinico che caratterizza la malattia è variabile.
A livello della mucosa duodenale (il duodeno è la parte dell’intestino tenue maggiormente colpita da questa patologia), in seguito all’ attivazione della risposta immunitaria, si osservano delle alterazioni anatomiche, quali l’atrofia dei villi intestinali e l’iperplasia delle cripte.
L’atrofia dei villi intestinali è la diretta responsabile dei sintomi definiti “classici” di questa patologia: diarrea profusa e altri segni di malassorbimento, quali dimagrimento e, in età pediatrica, un rallentamento della crescita staturo – ponderale. Frequenti il gonfiore ed il dolore addominale.
Sintomi extra – intestinali
Ci sono poi i sintomi extra – intestinali, in parte correlabili all’ atrofia della mucosa, in parte dovuti alla presenza degli auto – anticorpi.
L’atrofia della mucosa causa un mancato assorbimento di nutrienti e di sostanze fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo: in particolare si può avere un alterato assorbimento di ferro e vitamine necessarie per la sintesi dei globuli rossi, le cellule del nostro sangue deputate al trasporto dell’ossigeno, con conseguente anemia. Correlabile a questo discorso anche l’astenia, cioè la mancanza di forze, spesso lamentata dai soggetti celiaci.
Un alterato assorbimento è il diretto responsabile della carenza di vitamina D e delle conseguenti osteopenia ed osteoporosi. Questa vitamina è fondamentale nel mantenimento della corretta mineralizzazione dell’osso, che, in soggetti carenti, risulta più fragile e più a rischio di fratture.
Il deficit di zinco, selenio ed acido folico può causare alcune complicanze durante la gravidanza e nello sviluppo fetale.
Gli auto – anticorpi che si sono formati contro la gliadina e la transglutaminasi non rimangono localizzati a livello intestinale, ma passano nel circolo sanguigno e possono esercitare altrove nell’organismo la loro azione. Sono imputabili alla loro presenza alcuni sintomi extra – intestinali, tra cui la dermatite erpetiforme, l’infertilità femminile e gli aborti ricorrenti.
La dermatite erpetiforme è caratterizzata dalla presenza di lesioni simili a vescicole o bolle, dovute alla reazione degli auto – anticorpi contro la transglutaminasi epidermica. Per quanto riguarda gli aborti, a livello della placenta, gli auto – anticorpi vanno a riconoscere una transglutaminasi tissutale analoga a quella intestinale, scatenando la risposta immunitaria che porterà all’aborto.
Altri sintomi ginecologici sono l’amenorrea (cioè l’assenza di ciclo mestruale in età fertile) e la dismenorrea (dolori durante il ciclo mestruale).
Sono frequenti ulcere del cavo orale, alopecia e dolori articolari.
Non bisogna dimenticare la frequente correlazione della celiachia con altre patologie autoimmuni, come il diabete mellito tipo 1, alcune patologie tiroidee e surrenaliche, le malattie infiammatorie croniche (Morbo di Crohn e Rettocolite ulcerosa). Tra le complicanze molto gravi è frequente l’insorgenza di linfoma intestinale.
La diagnosi
La diagnosi di malattia celiaca deve seguire alcuni passaggi: si devono evitare autodiagnosi improvvisate che portano spesso a diete di eliminazione senza un reale bisogno.
Si parte quindi dalla clinica, con un’attenta valutazione da parte del medico dei sintomi riportati, per poi passare agli esami su sangue ed infine alla biopsia duodenale. Gli esami sierologici sono ormai molto precisi: la ricerca degli anticorpi (immunoglobuline di tipo A – o G nel caso di defici di Ig A) coinvolti permette un elevata sensibilità e specificità; vengono ricercati innanzitutto gli anticorpi anti transglutaminasi ed antiendomisio, in alcuni casi anche gli anti gliadina.
L’esame istologico sul tessuto duodenale prelevato con biopsia durante un esame strumentale (esofagogastroscopia) permette di valutare il tipico aspetto della mucosa intestinale.
Il test genetico con la ricerca di alterazioni degli alleli HLA DQ2 e DQ8 è un’ulteriore conferma della malattia, soprattutto in quei soggetti con discrepanze tra i risultati sierologici ed istologici.
È importante che il paziente non modifichi la dieta eliminando gli alimenti contenti glutine prima di eseguire gli esami che, nel caso, daranno un risultato negativo: la dieta aglutinata permette infatti un totale ripristino della normalità del quadro, sia per quanto riguarda le alterazioni anatomiche sia per quelle sierologiche.
E la Non Celiac Gluten Sensitivities?
La Non Celiac Gluten Sensitivities (NCGS) è una sindrome caratterizzata dalla presenza, in rapporto all’ingestione di alimenti contenenti glutine, di sintomi intestinali ed extra intestinali in pazienti in cui celiachia ed allergia alle proteine del frumento siano già state escluse.
Tra i sintomi ricordiamo: alterazione dell’alvo (diarrea, stipsi), dolore e gonfiore addominale, meteorismo, nausea, astenia, malessere generale.
Sono necessari sicuramente studi ulteriori e più approfonditi per caratterizzare meglio questa sindrome di cui ancora si sa poco. L’unica alternativa per questi soggetti, la cui diagnosi viene effettuata in base a test dietetici controllati ed “in doppio cieco”, è evitare il glutine con la finalità di controllare i sintomi e permettere una migliore qualità di vita.
In pratica…
L’unica alternativa al momento disponibile per i soggetti celiaci è la dieta aglutinata, cioè priva di glutine, che deve essere seguita per tutta la vita.
Ad oggi, grazie alla maggiore sensibilizzazione verso questa patologia, sono moltissime le alternative: è sbagliato guardare a questo tipo di alimentazione come a qualcosa di limitativo o punitivo!
La base della dieta suggerita è la dieta mediterranea, bilanciata e varia. Tra gli alimenti tipicamente presenti ce ne sono molti naturalmente privi di glutine, di per sé molto gustosi: pesce, carne, uova, latte, formaggi, ortaggi, frutta, legumi, riso ed altri cereali sono permessi, per creare piatti sfiziosi basta solo un po’ di fantasia.
I prodotti sostitutivi, definiti gluten free, cioè lavorati a contenuto in glutine inferiore a 20 ppm o 20 mg/kg, sono ormai moltissimi, dal pane alla pasta ai biscotti: è comunque sempre buona norma leggere con attenzione le etichette nutrizionali, per valutare che l’apporto di nutrienti sia corretto, senza eccessi di grassi.
La scelta migliore quindi ricade sempre su quei prodotti che la natura ci offre già gluten free: tra le fonti di carboidrati concesse abbiamo il riso, presente in diverse varietà dal bianco al rosso al basmati, il mais, il grano saraceno, senza dimenticare le patate, che non sono un vegetale come molti pensano, ma un’importante fonte di amidi. Ottime alternative ai tradizionali riso e mais sono il miglio, il sorgo, il teff, la quinoa e l’amaranto, che possono essere impiegati in diverse ricette.
Attenzione!
Bisogna inoltre fare attenzione alle eventuali fonti di contaminazione, come per esempio cucine in cui vengono utilizzati gli stessi utensili per preparare cibi con e senza glutine: è possibile utilizzare gli stessi ambienti e strumenti, ma si devono seguire delle norme ben precise che coinvolgono tutti i passaggi dalla scelta delle materie prime alla somministrazione/vendita del prodotto finito. Infatti, ingerire piccole quantità di glutine comporta danni per i pazienti, anche in assenza di sintomi evidenti.
In futuro
Sono in corso numerosi studi con l’obiettivo di offrire alternative terapeutiche alla dieta aglutinata, ma i risultati si avranno solo tra molti anni.
Bibliografia:
AIC – Associazione Italiana Celiachia http://www.celiachia.it/AIC/AIC.aspx?SS=351
ISS – Istituto Superiore di Sanità https://www.epicentro.iss.it/celiachia/epidemiologia
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