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Un piatto storico, povero per territorio di origine ma ricco nelle proprietà nutrizionali. Sono tantissime ad oggi le varianti di questa pietanza che ormai fa ampiamente parte anche della nostra tradizione culinaria.
Ma siamo sicuri di conoscerlo davvero? Leggiamo insieme qualche curiosità per scoprirlo.
Origini e cenni storici
Erano gli anni a metà tra il 1500 e il 1600 quando il diplomatico e geografo Giovanni Battista Ramusio pubblicava il suo “Delle navigationi et viaggi“, un’opera storica perché fu il primo trattato geografico dell’età moderna. E vi chiederete “che c’entra con il cous cous?” Beh, il collegamento con tale piatto risiede all’interno di questo monumentale trattato in una sezione dedicata all’Africa. Infatti, qui si raccoglie la testimonianza del geografo berbero conosciuto come Leone L’Africano (il cui vero nome era Giovanni Leone dei Medici), il quale nel descrivere usi e costumi delle popolazioni di queste terre disse: “sogliono anchora mangiare carne bollita, et insieme cipolle et fave, ò pure l’accompagnano con un altro cibo, dito da essi Cuscusu”.
Da qui in poi vi sono state altre testimonianze di viaggiatori che descrivevano questa pietanza, come quelle di Leonardo Fioravanti (“Dello specchio di scientia universale” – 1567) e Francesco Sansovino; quest’ultimo nel suo testo intitolato “Del governo et amministratione di diversi regni” (1578) descriveva così il piatto: “Ma il verno mangiano carne a lessa, insieme con quella vivanda che è detta cuscusu, la quale si fa di pasta come i coriandoli, et lo cuocono in certe pignatte forate per ricevere il fumo di altre pignatte, dopo vi mescolano dentro butiro, et lo bagnano di brodo.”
L’arrivo nel Bel Paese
Per avere la prima testimonianza scritta del consumo del cous cous in Italia bisogna aspettare circa un secolo rispetto a quanto visto finora.
Infatti, risale al 1777 la descrizione dello scrittore Giuseppe Pitré di una pietanza consumata durante un matrimonio Trapanese con queste parole: “[fu] regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata ”; seguiva anche una descrizione del tipico metodo di preparazione che vedremo dopo.
Pochi anni dopo, nel 1785, si trova anche per la prima volta la voce “cuscusu” nel “Vocabolario Siciliano Etimologico, Italiano e Latino” di Michele Pasqualino il quale descriveva il piatto come: “Dicciano una sorta di pasta per lo più fatta di semola ridotta in forma di piccolissimi granelli, che cotta si mangia in minestra.”
Da qui in poi si sono susseguite svariate altre testimonianze della diffusione di questo piatto non solo in Sicilia ma anche in altre regioni d’Italia, come ad esempio in Sardegna.
Talmente storico da essere nel dizionario
Già, infatti non solo nei dizionari antichi siculi o nei vari testi geografici si trovano descrizioni del cous cous: anche nei nostri attuali dizionari della lingua italiana possiamo trovarne una voce.
Ad esempio, il dizionario Treccani cita così:
“cùscus (anche cuscùs, cùscusu, cùscussu, meno com. cuscussù) s. m. [dal berbero e arabo kuskus, kuskusū]. – Piatto di origine nordafricana, diffuso anche in alcune regioni dell’Europa merid. (spec. in Sicilia), costituito in genere di farina grossolana impastata con poca acqua e cotta a vapore, alla quale vengono poi unite verdure cotte e carni bollite in sugo aromatico e piccante.”
La ricetta originale
Qualcosa si era “forse” già capito dagli scorci di descrizioni in dialetto citate nei paragrafi precedenti, o forse no!
La ricetta originale del cous cous prevede l’utilizzo della semola di grano duro a chicco medio-grande cotta rigorosamente a vapore nella couscoussiera dopo averla lavorata a mano per sgranarla con dell’olio d’oliva, spezie e talvolta con aglio o cipolla.
Inoltre, a voler fare le cose proprio bene, alcuni preparano un impasto morbido fatto solo con acqua e farina modellato a formare un rotolo sottile da adagiare tutto attorno al confine tra la couscoussiera in terra cotta e la sottostante pentola con l’acqua durante la cottura a vapore, così da sigillare e non far disperdere i vapori stessi.
Una volta pronta la “base” del piatto si lascia a riposare alcune ore durante le quali ci si può dedicare alla preparazione del condimento. Nella ricetta originale marocchina si usa tipicamente carne di agnello cotta in un tegame per diverse ore durante le quali si aggiungono progressivamente le verdure e i ceci con del sugo profumato con mix di spezie tipiche a base di cannella e peperoncino.
Una volta pronto si bagna la semola con il “brodo” di cottura, si impiatta e si gusta!
Precotto? No grazie
Alzino la mano tutti quelli che leggendo questo paragrafo hanno comprato almeno una volta la classica semola precotta al supermercato. Anzi, a dire il vero dovrei chiedere quanti di voi hanno mai fatto l’opposto, dato che tranne per pochi tradizionalisti, cuochi di professione o amanti del settore, davvero pochi altri conoscono o conoscevano l’esistenza di una semola da lavorare a mano e cuocere per davvero.
Sia chiaro, nulla in contrario alla praticità del formato precotto che in pochissimi minuti con brodo caldo di cottura del condimento si prepara; però, da amante del piatto e per tradizione familiare non posso che dirvi questo: provate una volta la ricetta originale per la preparazione della semola e vi renderete conto da soli che forse non avete mai realmente assaggiato questo piatto!
Le varianti
Le varianti emerse nel corso degli anni sono davvero tantissime. In Italia non si può non citare la ricetta del cous cous alla Trapanese con la tipica zuppa di pesce ad esempio. E ancora il cous cous con carne di pollo in alcune regioni africane o quello di soli ceci e verdure alla “tripolina”.
Ma la fantasia applicabile a questo piatto è davvero molteplice considerando che la semola che fa da base al cous cous può essere consumata fredda con condimenti semplici come pomodorini, olive, basilico e olio d’oliva, o può essere accompagnata da altre tipologie di legumi o fagioli di soia, o ancora può essere condita con pesci di tipologie molto diverse.
E poi le revisioni “gourmet” non mancano con analoghi ingredienti ma rielaborati a crearne polpette o burger ad esempio.
Insomma, più che un piatto ormai il cous cous è diventato una categoria!
Povero ma Ricco
Come già anticipato dal titolo questo piatto è una vera antitesi. Infatti, sebbene nasca in terre povere e si caratterizzava, almeno in origine, di alimenti decisamente “a km 0”, racchiude al suo interno grandi proprietà nutrizionali. Vediamo perché scomponendolo.
I carboidrati
In quantità e per struttura non diversi da quelli contenuti nella pasta di tutti i giorni, peraltro ormai in commercio è facile anche trovare varianti di semola integrale con un maggiore contenuto in fibre e un ridotto indice glicemico.
Le proteine
Carne, pesce, legumi: indipendentemente dalla zona di origine della ricetta utilizzata vi è sempre almeno uno di questi abbinamenti al cereale di base e quindi il contenuto proteico del piatto è assicurato!
I grassi
Derivanti direttamente dalla fonte proteica e dall’aggiunta dell’olio d’oliva per la preparazione, anche i grassi sono presenti in quantità bilanciate.
La fibra, le vitamine e i minerali
Se presenti verdure e legumi non possono mancare anche fibra, vitamine e minerali a completare questo piatto unico!
Il gusto
Sì, perché un piatto è unico quando lo è anche di gusto! Non solo un piatto ricco nei nutrienti ma anche nei profumi e negli aromi di spezie mescolate alle carni e agli altri ingredienti utilizzati. Insomma, unico per davvero.
Il verdetto
Un piatto che racchiude davvero tanto: gusto, tradizione, storia, cultura culinaria. E a questo va aggiunto il fatto che rappresenta davvero un piatto completo in tutte le sue parti, adatto praticamente a qualsiasi dieta e declinabile tranquillamente nelle varianti vegetariane o vegane.
Insomma, il verdetto è positivo: approvato e consigliato!
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Sitografia:
– Treccani.it
– Gamberorosso.it
– agrodolce.it
– salepepe.it
– Wikipedia.it